29 ottobre 2007

171.

Va’, libro sciagurato, e sussurrale, ovvero
rimbomba il messaggio solo pel suo orecchio
che è meravigliosa.
Mettici i tramonti, non trascurarne gli occhi,
la bocca e gli altri vezzi, lodane la statura,
dì che ha una figura rigogliosa.

Di’ che la sua figuretta è divina e carnosa,
onde Enrico sbalordito sproloquia inebetito
e fa confusione.
Di’ che è di dolce parlata e andatura maestosa,
modesta alle riunioni, e in ogni cosa
proclama la sua perfezione.

Non scordare, quando le sia fatto pieno onore
e squadernato uno ad uno ogni suo splendore
d’aggiungere che ama Enrico, per motivi misteriosi
e che il destino indissolubilmente
l’uno all’altra li lega, in laccio permanente
e che a vederli son meravigliosi.

John Berryman, Canti onirici e altre poesie, Einaudi, 1978.
A cura di Sergio Perosa.
*

28 ottobre 2007

Cometa

Su Sirio
Ci sono bambini.

Federico Garcia Lorca, Poesie, Guanda, 1963.
Traduzione di Carlo Bo.
*

Il circo

E vedemmo il pacifico elefante
alzare la misteriosa proboscide
fino alle immobili nuvole bianche.
e vedemmo il pacifico elefante.

Come una lettera che goffa e pura
straripa dal quaderno dell’infanzia
- il bel quaderno, lusso della notte –
c’illuminò la strana lontananza
degl’incisi palmeti e il silenzio
che va crescendo come il fumo povero.
come una lettera là goffa e pura
tu ci amavi, giustissimo elefante.

Eliseo Diego, L’Oscuro splendore, Accademia, 1974.
Tradotto da Francesco Tentori Montalto.
*

“Solo una prece…”

Solo una prece innalzo e non a Dio,
che non so dove sia, se mi conosce.
M’affido alla memoria della vita,
fatale per alcuni, per altri creata.
Quando non ha il Fato, e non l’avrebbe Dio,
altro potere che non gli sia dato.
Dunque una prece innalzo, e che l’accolga
l’ombra che sarò, riassunto e resto
di quanto l’uomo ha fatto, è stato, ha perso.
Con gesto non più mio, ma d’abbandono,
il braccio che oggi prende, un dì cadrà.
Rinasca allora palma che rinfresca
delle rose e dei seni la memoria.
Un’altra eredità non c’è che meriti
d’esser spartita per l’eternità.
Il seno è quanto basta, la rosa avanza
in memoria della vita terminata.

Josè Saramago, Poesie, Einaudi, 2002.
Traduzione e cura di Fernanda Toriello.
*

PERCHE’ DIO E’ AMORE, JACK?

Perché poso la
testa su cuscini,
Poiché piango nello
studio tomba
Poiché il mio cuore affonda
più in basso dell’ombelico
poiché ho un
vecchio ventre arioso
pieno di teneri
sospiri, e
singhiozzi seni
ricordati – o
il tocco di una mano
intenerisce –
Poiché mi viene paura –
Poiché levo la
voce cantando
al mio amato io –
Poiché ti amo
mio caro, mio
altro, mia sposa
vivente
mio amico, mio vecchio signore
dai morbidi teneri occhi –
Poiché sono nel
Potere di vita & non
posso se non
sottomettermi alla sensazione
che sono Quello
Perduto
A cercare sempre cercare
l’Emozione – deliziosa
beatitudine nel
cuore addome lombi
& cosce
Senza rifiutare questi
38 anni 66 kg. testa
braccia & piedi di carne
Né disprezzare neppure
un’unghia d’alluce Whitmanica
Né bandire capelli profetici
per Inferno senza rimorso,
Poiché avvolto di macchine
Io confesso il mio desiderio vergogna.

Allen Ginsberg, Mantra del Re di Maggio, Mondadori, 1973.
Traduzione e cura di Fernanda Pivano e Allen Ginsberg.
*

Luna capocoda

L’amico pittore non sa che pensare:
motti, rimbrotti, detti e versetti.

Contempla perplesso il brogliaccio impiastrato
s’aspettava un poema se non proprio serio
almeno un po’ austero.
Lo vedo sorridere ma poi dissentire
la cultura si fa in altro modo
in ben altra maniera.

Eppure arranchiamo compatti e malconci
su di una mulattiera a strisce e rigoni

E allora dimmi, nequizia, malinconia e tristezza
non assonano meglio in
liquerizia, sinfonica malìa
in uno sfavillio di ardente ebbrezza?
Negrizia, nelle une e nell’altre
ma quanta mestizia ci vuole
per parlar male del sole
quanta furbizia piangevole
per rendere un’egloga
da scaltra in piacevole
quanto poetico dolore
per cantar di un verme che vive e si pasce
nei desolati racconti di nostre ambasce.

Brutta strega e vecchia megera
se incontrassi il Mago dei Tre desideri
primamente lo inviterei a ballare in una balera
indi, dopo averlo fatto ubriacare benino
cercherei di piegarlo ai miei bassi piaceri

E mentre lui sempre più brillo
in procinto di finire sotto il tavolino
riderebbe buffo come un cardellino
civettando con leziosi poteri
gli direi, ormai in confidenza:
senti Maghetto, concedimi una licenza
che abbia parvenza di magniloquente poesia
che sia Forte e Possente
più, molto più di qualunque magia
rendimi saggia e convincimi che una sola luna
mi recherà prosperità e fortuna
fammi scordare, non voglio più vedere
lugubri incanti, macabri splendori
sono stanca di tanti Orfeo ed Euridice
fammi imparare a esser stupidamente felice.

E lui mi dirà:
Va bene Bimbetta,
ma la prossima volta invita Minerva.
*

27 ottobre 2007

Ho visto Ratatouille

Il film.
Ho riso così tanto che m’è venuta fame.
*

26 ottobre 2007

RITRATTO

Nessuno deve far rumore nel segreto cuore. Amo le apparenze del non essere naturale. Il vero nulla è lo specchio che avvelena i volti del desiderio, tramuta la memoria in corpo sfuggente dall’unione. Da quando nacqui sono pieno e vuoto di me stesso e così conosco che la verità più innocente è un destino.

Juan Gelman, Lettera a mia madre, Guanda, 1999.
Tradotto da Laura Branchini.
*

25 ottobre 2007

Il purè di ceci

Io il purè di ceci lo fo così:
prendo il bimby, attacco la spina alla presa della luce, apro il coperchio del bicchierone e ci metto dentro uno spicchio d’aglio, un poco di olio extra vergine di oliva, rimetto il tappo del bicchierone, giro la manopola del termostato su 90° perché di solito ho fretta e accendo.
Dopo due o tre minuti, spengo, riapro il tappo del bicchierone e ci verso dentro tutti i ceci del barattolo che ho nel frattempo ho sciacquato sotto l’acqua corrente, aggiungo due o tre foglietti di alghe Dulse (Rhodymenia Palmata), aggiungo un po’ di acqua, richiudo il tappo del bicchierone, rigiro la manopola del termostato (70°/80°) imposto il tempo di cottura sui 10 minuti e aspetto.

VII
“Botulino” è quel microbo che fu
nel cuor d’un salsicciotto
a far manovre scoperto da un dotto
crucco dal nome in us.

Ma te, Floryse, a dormire nel bosco
altrettanto scoperta
vorrei trovare, dove sotto un serto
di verdi ombre è più fosco.

Pur se l’Arciere di Venere in seno
ti cela colpi infami,
più letali del microbo che chiamiamo
“microbo Botulino”.


Paul Jean Toulet, Le controrime, Sellerio, 1981.
Tradotto da Gesualdo Bufalino.

Così mi viene in mente che oggi dal blog di una Donna della quale incondizionatamente
ammiro la scelta delle calzature nonché la sapienza dell’utilizzo del mezzo informatico,
sono capitata a leggere di un breve trattato sui vegetariani che sarebbero un po’ gonzi.
Non avevo mai pensato che gli onnivori fossero fracurràdi.
Oggi, però, il sospetto mi si è manifestato.
*
Virtuale sarà sinonimo di Potenziale?
*

Parabole, metafore e filastrocche

“C’era una volta un re che un lumacone aveva
E caro lo teneva come un figliuolo e più.
Un giorno il lumacone salì sul seggiolone del re
E lo imbavò.
Il re lo condannò a esser fucilato nella schiena
Ahimè povera bestia! Ahimè, che pena.”

Memoria materna, epoca incerta.
*
Perché le parabole?
10 Quando poi fu solo, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: “A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché
guardino, ma non vedano,
ascoltino, ma non intendano,
perché non si convertano
e venga loro perdonato”.

Matteo, 13, 10-17; Luca 8,9-10.

La Bibbia, Testo integrale C.E.I, 1998.
*
Epigrammi

ad uno che parla in gergo


Dàtte, sgancia, imbranato,
non stare a rompere con
ogni tuo logoro
stilema, o stereo-
tipato cacodilàto di
stronzio, un po'
chiaramente non c'è
problema e un po' Ponzio
Pilato della vita e del linguaggio,
saccente che non sai
neanche cosa significhi
aggiotaggio.

LUCA CANALI, Il Naufragio, Rizzoli, 1983.
*
Sapeste per quanti anni ho cercato il significato metaforico di “cacodilàto”,
senza trovarlo. Solo trascrivendolo in "Rete", ho capito cosa volesse dire.
*

24 ottobre 2007

Il mio nome

è un gran bel nome.
E' un po' lungo e ogni volta che lascio un messaggio a qualcuno mi sembra di occupargli tutta la pagina.
Per questo motivo, ho inserito il mio nome e cognome nelle informazioni personali.
E' lì.
Qui rimane El, ma può pure darsi che ritorni a essere Bet.
Che è più corto di Betta ma meno corto di El.
Il mio gruppo sanguigno è O positivo.
*

Attesa

Non ci sono scale di pietra tanto lunghe da condurre
al luogo più solitario
non ci sono uomini di epoche diverse
che avanzino sotto la stessa frusta
non c’è cervo addomesticato
che attraversi il deserto del sogno
non c’è attesa

C’è solo un seme fossile

Nemmeno le menzogne ondulanti dei monti
negano la sua esistenza
ma esse rappresentano tutti i denti dell’intelligenza
e della ferocia umane
che aspettano pazientemente
aspettano, dopo lo splendore della fioritura
quell’unico frutto

Hanno atteso migliaia di anni

La piazza del desiderio dispiega
storia senza segni di scrittura
un cieco avanza a tentoni
la mia mano si sposta sul foglio
bianco, non lascia nulla
mi sposto
sono io quel cieco.

Bei Dao, SPERANZA FREDDA, Einaudi, 2003.
Tradotto da Claudia Pozzana.
*

233*

Felice colui che in questo mondo libero visse,
Libero e sempre contento di quel che Dio donava, visse.
Da questo soffio di vita seppe trar lieto profitto,
In libertà gioiosa, semplice amore, vino puro, visse.

Omar Khayyam, Quartine, Einaudi, 1965.
La traduzione è di Alessandro Bausani.
*

CANTO DELLA MENTE

(…)
Provare piacere nel Tao è pacificarsi,
Vagabondare liberi e spontanei nella realtà.
Nessuna azione e nulla da ottenere,
Nulla su cui contare, manifestarsi naturalmente.

Le quattro menti illuminate e le sei paramita
Si trovano tutte sul sentiero dell’unico veicolo.
Se la mente non nasce,
I dharma non differiscono l’uno dall’altro.

Sapendo che il sorgere è non sorgere,
Ora appare l’eternità.
Solo il saggio comprende,
Nessuna parola può spiegare l’illuminazione.

(le quattro menti illimitate: benevolenza, compassione, gioia, equanimità (o protezione).
(le sei paramita o perfezioni: carità, moralità, pazienza, vigore, meditazione, saggezza.)


Sheng – Yen, La poesia dell’illuminazione, Ubaldini, 2001.
La traduzione è di Io Ung Sunim.
*

UNITA’

L’Universo tutt’uno a me

Le mie palpebre chiudono le sue

L’Universo alla mia libertà fuso,

chi di noi due partorito ha l’altro?

Adonis, Nella pietra e nel vento, Mesogea, 1999.
Traduzione e cura di Francesca M. Corrao.
*

Speranza

Avrò forse bevuto
anch’io un po’ di liquido
amniotico (quello che gli uomini
chiamano speranza)
perché ancora amo
sorrido, pazientemente
ogni giorno levigo
un ciottolo
come fa sempre
il mare sulla riva
e sul fondo.

Giuseppe D’Alessandro, Il tamburo di sabbia, Rusconi, 1978.
*

23 ottobre 2007

Lettera a Niike

“Come passano rapidamente i giorni! Non sappiamo quanto poco ci resta da vivere. Gli amici con i quali ammiriamo la fioritura dei ciliegi una mattina di primavera, sono spazzati via insieme ai fiori dal vento dell’impermanenza, lasciando di sé nient’altro che i loro nomi. Benché i fiori siano scomparsi, la prossima primavera sbocceranno ancora, ma quando rinasceranno quelle persone? I compagni con i quali componiamo poesie in onore della luna nelle sere d’autunno scompaiono insieme alla luna dietro le nubi dell’impermanenza. Solo le loro mute immagini rimangono nei nostri cuori. La luna è tramontata dietro le montagne a occidente e nel prossimo autunno noi comporremo per lei altre poesie. Ma dove sono ora i nostri compagni scomparsi?”


Gli scritti di Nichiren Daishonin, Vol. 4.
*
io, ne ho reincontrati parecchi.

Adozione della mente del risveglio

32. “Per la carovana dell’umanità che viaggia sulla strada dell’esistenza, affamata di godere della felicità, questo è un banchetto di felicità offerto come rinfresco a tutti gli esseri che si accostano.
33. “Oggi invito il mondo alla buddhità e intanto alla felicità mondana. Alla presenza di tutti i Salvatori, possano gli dèi, i titani e gli altri tutti gioire.”.


Santideva, Bodhicaryavatara, Ubaldini 1998.
Traduzione di Kate Crosby e Andrew Skilton.
*

Si può perdere un amante ma l’amico vero sempre si reincarna

Non so più se mi piace ancora questo blog.
Mi sono imposta troppi limiti.
Nessuna lagna, nessun accenno alla mia bilancia.
Nessuna scorrettezza.
Mi sembra di offendere tutti e chiunque.
Mi sembra di offendere me stessa imponendomi un silenzio
che non capisco.
*
Cammino sulle uova e mi si rompe un tacco.
Indosso guanti di velluto e mi si imbrattano le mani.
Non ho risolto i miei interrogativi sui tanti perché
Uno decida di esporre il proprio “talento”
avanti un pubblico così vasto
senza poi riuscire a esprimersi veramente.
*
C’è sempre nella mia mente
quell’immagine del maremoto
ove l’affogante assetato impugna le redini del maroso
e si trattiene, ad aggiustare un riccio
o la mollica sul colletto

e non mi piace un granché.
*
Ho letto così tanto di Sutra, in questi giorni che
dirò
l’aspetto mistico della poesia o dello studioso
non è riuscito a raccapezzarmi affatto.
*
Ho perso un’altra illusione e dovrò per ciò gioire.
Camminavo spensierata per una landa di margherite

ma, ora
comprendo di non sentirmi affatto pronta a mentire.
Mi spiace pensare di aver creato imbarazzo,
mi piace pensare di essere stata sempre protetta
da fronde invisibili.
*
Non conosco lo slang.
Non mi appartiene.
Io scrivo in intimità, esattamente come Proust che tanto ebbe a soffrire di disturbi circolatori.
Ho notato che c’è un gran parlare di stanze da bagno e gabinetti di attesa.
Le biografie degli autori che amiamo, ne sono colme.
Mi chiedo, ma chissà perché sono così tanti a dolersi di svolgere funzioni corporali.
Che lo facciano o no, in pubblico.
*
Il mio pianeta è abitato da mostri buoni e uccelli e controversi.
Sistemo quindi questa pagina ed elimino gli indirizzi già segnalati
perché voglio recare onore a me stessa e dire ciò che penso
senza condurre nessun altro a dover condividere un pensiero che immagino solo mio.
*
Da lontano mi alzo,
e inchinandomi dinanzi alle Nostre
tutte infinite potenzialità,
io, qui affermo:

che sia sempre la Vita di Ognuno una Gran Pacchia!

poiché la vera verità è:

Nina, penso proprio che sei racchia.
*

Il limone lunare

Chi si spaventa quando sente dire
“rivoluzione”
Forse non ha capito.

Non è rivoluzione
Tirare un sasso in testa ad uno sbirro,
non è sputare addosso a un poveraccio
che ha messo una divisa non sapendo
come mangiare;
non vuol dire dar fuoco al municipio
o alle carte al catasto, per andare
stupidamente in galera
rinforzando il nemico di pretesti.

Quando ci si agita
Per giungere al potere e non si arriva
Non è rivoluzione, si è mancata;
se si giunge al potere e la sostanza
dei rapporti rimane come prima,
rivoluzione tradita.

Rivoluzione
È distinguere il buono
Già vivente, sapendolo godere
Sani, senza rimorsi,
amore, riconoscersi con gioia.

Rivoluzione è curare il curabile
Profondamente e presto,
è rendere ciascuno responsabile
coscientemente ed effettivamente –
non credendo che solo la violenza
possa cambiare.

Rivoluzione
È incontrarsi con sapiente pazienza,
assumere rapporti essenziali
tra terra, cielo e uomini:
gli atomi umani dispersi divengano
nuovi organismi e sappiano
togliere il marcio, cambiare i tessuti
insani che impediscono la vita
eliminando ogni cancro, ogni mafia –

e non andare a chiedere ai mafiosi
i soldi per distruggergli il sistema,
o chiedergli il permesso.

Danilo Dolci, IL LIMONE LUNARE Poema per la radio dei poveri cristi, Laterza, 1970.
*
A Roma, al Teatro Valle, si rappresenta "E' vietato digiunare in spiaggia".
Ritratto di Danilo Dolci, il testo è di Renato Sarti e Franco Però che ne cura la regia.
Se avessi una scolaresca, ce la porterei.
*

21 ottobre 2007

Gattaccio randagio

E tutte le direzioni
ad un’unica meta dirigono:
il tuo volto sfatto.
A questo ogni giorno si accanisce
con le piccole gioie e i dolori del nulla.

Tu stesso nel gioco
accetti ogni tappa della strada degradante
come un dono tuo proprio,
il senso del tuo essere qui.

Io non riesco più a fingere allegria,
a nascondere le mutilazioni d’aver capito:
frugo in ogni direzione, anticipo le mete
per trattenerti.
Ma tu come un traditore mi scacci, perché
Legge è non accorgersi di nulla.

Per te la festa, indisturbata, continua:
nell’orribile doppiezza delle cose
vincitori e vinti si confondono,
i carnefici mostrano da vicino
un sorriso familiare e innocente
e il massacro in immagini di gioia si presenta.

Stefano Moretti, Gattaccio randagio, Einaudi, 1980.
*

139. (Sonetto dei sette cinesi)

Una volta il poeta di Augsburg ebbe a dire
Che alla parete della stanza aveva appeso
L’Uomo del Dubbio, una stampa cinese.
L’immagine chiedeva: come agire?

Ho una foto alla parete. Vent’anni fa
Nel mio obiettivo guardarono sette operai cinesi.
Guardando diffidenti o ironici o sospesi.
Sanno che non scrivo per loro. Io

So che non sono vissuti per me.
Eppure il loro dubbio qualche volta mi ha chiesto
Più candide parole o atti più credibili.

A loro chiedo aiuto perché siano visibili
Contraddizioni e identità fra noi.
Se un senso esiste, è questo.

Franco Fortini, L’ospite ingrato, Marietti, 1985.
*

Ho visto Lady in the water

Il film di M. Night Shyamalan.
C’e quell’attore che andava in giro con Jack.
Ho capito tutto, non ho dormito per niente.
Davvero un bel film.
*

18 ottobre 2007

Canzone delle foglie di bambù

Che cosa esprime questo dolce canto nel vento
Delle piccole foglie di bambù?
È un dolce canto che soltanto le foglie possono cantare,
le piccole foglie di bambù.

Bai T. Moore.

“Civiltà e problemi, antologia per il biennio delle scuole medie superiori”,
La Scuola, 1973.
A cura di Giuseppe Tonna.
*

Poema chiaro

La pellegrina dalle vesti bianche
Mi presenta il manichino dell’assoluto
Mentre i miei occhi ubriachi di tante visioni
Chiedono la sparizione del campo di cadaveri
E della fotografia di massacri e ostaggi.

Dietro di me
Qualcuno ride dell’immortalità:
sono proprio io chi ride nel secolo tredicesimo,
sopravvivendo a tutto ciò che ho odiato
e che mi ha perseguitato
senza un dolce concerto di violini
né almeno un bouquet di fiori.

Murilo Mendes, Mondo Enigma, Einaudi, 1976.
La traduzione è di Carlo Vittorio Cattaneo.
*

Le madri di famiglia

Le madri di famiglia
si riforniscono alle
macellerie.
Non sanno
che il figlio e l’agnello
sono fratelli.

Anna Maria Ortese, Il mio paese è la notte, Empiria, 1996.
*

17 ottobre 2007

Bill Maldoth

si quaeris

nuovo italiano
che fui hobo, coal miner, steel mill worker
non ho paura del mio destino nordamericano

perché ora so, qualcuno
arriverà da questa parte
- che io resti o torni ancora –
e qualcuno verrà per l’altra sorte
a terminare il cerchio
al santo dei perduti
dove ci salutammo disperati,
senza sapere eppur temendo,
sentendo
che quello era l’addio
perché fra oscillanti lumi in sfolgorio
vedo ora una medaglietta, fato,
segreto di Dio
ricontemplato, baciato, lasciato
fra incensi e ori, umile luccichio
di cuore di garofano

perché se c’è sempre un ultimo sito
in cui quelli che se ne vanno
e quelli che rimangono
si salutano gridando in silenzio
che non sia per sempre, un voto
di spiriti devoti
ora è stato esaudito,
perché esiste anche un santo dei perduti

Luciano Cecchinel, Lungo la traccia, Einaudi, 2005.
*

Perdite di equilibrio

Verrà il momento
incontrollato dell’allegria.
Se questa è vita se nonostante
L’ansia e la cura ne sono amante
Che vita sia!
Così attendevo dal sopravvento
Di strane forze la risalita.


Gabriella Leto, L’ora insonne, Einaudi, 1997.
*

XIV

ALLA RICERCA DI UNA DONNA
Lady Adelina, la molto onorevole moglie di lord Harry, corse ben presto il rischio di perdere un po’ di questa onorabilità.
Sono desolato di doverlo dire, ma è raro che le persone del bel sesso siano stabili nelle loro decisioni. Esse differiscono sovente da se stesse, come il vino dalla propria etichetta.
Sinché la donna e il vino, non sono invecchiati, sono entrambi suscettibili d’adulterazione.
(…)

George Gordon Byron, Don Giovanni, Dall’Oglio, 1980.
Tradotto da Alex Alexis.
*

18.

Tra una moltitudine di automobili
tra migliaia di giacche vuote
appese fuori sui muri
una giovane donna sorrise
un triciclo passò carico di azalee
balenarono rossi i falli delle statue -
dunque non è impostura la poesia.

Catania, 29.V.76


Ghiannis Ritsos, Trasfusione, Einaudi 2002.
Tradotto da Nicola Crocetti.
*

16 ottobre 2007

strano, ma vero!

22572 Il portoghese Antonio Gomes dos Santos s'è specializzato in qualcosa di particolare: rimanere assolutamente immobile il più a lungo possibile. Nel corso di un'esibizione, rigidamente controllata da alcuni giudici, ha resistito per più di 15 ore.

La Settimana Enigmistica, N. 3586 del 16 dicembre 2000.

Poesie d'Amore

Quando tutti i verbi umani avranno infranto nelle mie
dita il loro vetro
E la mia lingua e il mio inchiostro saranno inariditi come
una stazione sperimentale per razzi interplanetari
E i mari non si saranno lasciati dietro che il candore
accecante del sale
Così che il sole abbia sete e la luce oscilli su quel pavimento
di cristallo
Lo scisto spento il firmamento amorfo e l'essere per
sempre spossato dalle mutazioni

Io inventerò per te la rosa

Louis Aragon, Poesie d'Amore, Crocetti, 1986.

I tre regni dell’esistenza

Accennati per la prima volta nel Daichido Ron da Nagarjuna,
ampiamente approfonditi e sistematizzati nel Maka shikan da T'ien-t'ai
e successivamente ripresi da Nichikan Shonin, corrispondono
al regno dei cinque aggregati o delle cinque componenti - individualità
al regno degli esseri senzienti - ambiente sociale
regno dell'ambiente o degli insenzienti - ambiente naturale

san seken:
San - tre
Seken - differenza nello spazio e nel tempo

seken viene tradotto con il termine "mondo"
se vuol dire "isolare-scorrere" e si riferisce al tempo, mentre
ken vuol dire "distanza", e si riferisce allo spazio.
Le differenze in ogni momento rendono unico e diverso da tutti gli altri
ogni singolo individuo.
I tre regni dell'esistenza vengono infatti chiamati anche i "tre principi di individualizzazione".

(Gli appunti sono tratti da un articolo di Daniela Capua,
in "Buddismo e Società", n. 104)

*
“GUADAGNO, VALORE E BELLEZZA”
sono sinonimi, mi dice, in leggerezza.
La piuma del gabbiano al marinaio
indica che la terra ferma non è lontana.
*

Il mondo non finisce

Tutto ciò ci porta a Novunque - una città come un'altra.
Le commesse di Novunque rincasano a fine giornata. Devo
assicurarmi che siano reali mendicando cento lire. Una si
mostra gentile e mi dà perfino un buffetto sulla fronte.
Sto per buttare via le stampelle e per mettermi a camminare,
ma un'altra mi agita l'indice contro e mi ingiunge di comportarmi
come si deve.


Charles Simic, Il mondo non finisce, Donzelli, 2001.
A cura di Damiano Abieni.
*

Il senso della lotta

I colori dell’irragionevolezza,
come un feticcio incompiuto
definiscono nuove stagioni,
l’inesistenza riempie l’estate.

Il sole di Buddha tranquillo
Scivolava fra le nuvole
Avevamo appena lasciato al città,
non c’era più aria di temporale.

La strada scorreva nell’aurora
E i tergicristalli vibravano,
mi sarebbe piaciuto rivedere il tuo corpo
prima di partire per sempre.

Michel Houellebecq, Il senso della lotta, Bompiani, 2000.
Tradotto di Anna Maria Lorusso.
*
A me, Houellebecq, proprio non mi s’appiccica.
*

Trasfusione

A piccole dosi
l’albero il sale il cielo
uno spazzolino da denti –
a quante forze hai fatto appello
per restare integro per essere dentro questo niente con tutto il niente
tu gentile il ritardatario
il precursore il tollerante religioso.

Catania, 29.V.76


Ghiannis Ritsos, Trasfusione (Poesie italiane), Einaudi, 2002.
A cura di Nicola Crocetti.
*

XLVIII

Il loro senso è con i loro sensi tutto confuso;
distrutte dalle sottigliezze sono queste donne!
Più cervello, mio Dio, più cervello! O sciuperemo
completamente questo bel giardino che potremmo conquistare.
Ecco! Cercavo la pace e la credevo vicina.
I nostri cuori segreti l’uno all’altro s’erano aperti.
Bevemmo la limpida alba dell’onesto conversare.
Ahimè! Quello fu il sorso fatale, io temo.
Ché quando della mia perduta Signora fu fatto cenno,
questa donna, oh quest’agonia della carne!
Una gelosa devozione la spinse rompere la rete,
così che l’altra potessi io cercare come un uccello.
Adoro la sua nobiltà! Disprezzo
L’atto! Se n’è andata, non so dove.
Il duro mondo avrà la mia stessa comprensione?
Io sento la verità; che il mondo faccia pure congetture.

George Meredith, Modern Love, Romanzo in cinquanta sonetti, De Donato, 1968.
La traduzione è di Alessandro Serpieri.
*

15 ottobre 2007

Ho visto In Land Empire

Il film di David Lynch.
Mi sono addormentata quasi subito.
Non ho capito di cosa tratti.
*

14 ottobre 2007

si parlava


di mafia, di politica, di agenzie immobiliari, di banche, di cattiva amministrazione della giustizia, di fisco e di pubblicità.
Di cose volgari insomma, di soldi.
*

Il narcisismo

Lo specchiarsi tanto da vicino mi deforma la visuale.
Non comprendo.
Ho tante buone qualità, me le riconosco, ma proprio non sono scaltra e se qualcuno mi batte ripetutamente sulla spalla e mi dice di essere Milarepa mandato da E.T dall’ultima puntata di E.R. perché la pianta nel vaso (che ognuno sa essere Illusione), è cresciuta troppo,
io
mi chiedo:
ma questo signore, che dice?
Forse ha bisogno di qualcosa.
Ma di cosa?
*
Io ragiono in maniera semplice.
Nel marasma dei miei ricci cervellotici, un filo dritto come muro o piombo
lo cerco e quindi, sempre lo rinvengo.
*
Aprire un blog per:
Fare letteratura
Ma allora mi dico, ci sarà una ricerca del linguaggio, uno stile.
E ne ritrovo molti e alcuni davvero interessanti.
Ne posso trarre ispirazione o insegnamento.
Educo - traggo fuori.
Credo che l’Essere sia agente e percipiente.
Maestro e discepolo, due ma non due.
Oggetto e soggetto, due ma non due.
Si applica a tutto.
È meglio del parmigiano.
*
Filosofia, grande amore di religere, esperienza spicciola,
minutaglia, una grande muraglia.
Sbatto, cozzo, m’imbatto sempre in

Leggo per imparare.
Imparare non è mero arricchimento di conoscenza.
Credo, sia avanzamento.
*
Ho navigato bendata per secoli,
non sapevo che in Rete,
fosse intessuta tanta poesia
*
Mi disturba, raffredda, sconforta
Il doveroso impecettamento da imporsi in fronte
perché io, traduco in fretta e “nav bar” è una nave col servizio bar a bordo.
Il resto e le spore, a me, non m’entrano in testa.
Si diceva dei margini.
Io ho questi.
Sono limiti, li vedo.
Tento di superarli ma sempre capitombolo appresso a una distrazione.
Alcune cose non mi si fissano.
Nutrire sfiducia.
Non desidero coltivare questo.
*
Mi agghiaccia, spaventa e tale perdura

Socialmente
non posso non sorprendermi nello scoprirmi aberrante
nello sproloquiare in pubblico, di fatti che pur appartenendomi, di diritto,
coinvolgono esistenze aliene
al mio potere gestionale.
*
Aprire un blog per:
mantenere un dialogo costante con se stesso attraverso l’uso della scrittura come comunicazione immediata di propositi. Indossare l’abito dell’impegno pubblico.

Politico, etico.
Le aggettivazioni, tutte.
Che stranezza.
Sirene, esche, deviazioni e boe.
È complicato questo reticolato.

Ho “aperto” un blog.
Non sapevo cosa volesse dire “aprire” un blog.
Ora so che vuol dire che ogni tanto viene Uno e ti dice: “Io”.
Non mi ero mai accorta
Io,
prima di aprire un blog
di pronunciare così ripetutamente il termine “Io”.
Sono certa di ciò che affermo: la fatica che impiego nello stimare me stessa
è pari a quella che assumo nello sforzo di rispettare gli altri.
Il dinamismo.
Quello che proclamo oggi.
*
Mi spiegava un’amica che il termine “pazienza”, nella antica lingua cinese,
descrive un Uomo che stringe i pugni e piange.
Penso che il termine “Ji-hi” (benevolenti nella tristezza)
che traduciamo in fretta con “compassione”,
lo comprenda.
*
Ora, per favore, se intendete aderire a questa campagna,
meditiamo insieme sul come si possa informare i più che “molto migliore” è cacofonico.
*

Collected Poems

Tale e quale lo diceva la Edith Sitwell: "Some notes on may own poetry"

“(…)
Il ritmo costituisce uno dei fondamentali punti di giunzione fra sogno e realtà. Si può dire che il ritmo è, nel mondo dei suoni, ciò che la luce rappresenta nel mondo delle immagini. Esso plasma e provoca significati nuovi. Schopenhauer dice che il ritmo è una musica priva del suo tono. Quel grande architetto che è Le Courbusier dice che “il risultato dell’Età della macchina è anche un risvegliarsi in noi di organi nuovi, di un diverso diapason, di una nuova visione”. E parlando di gente che ode il rumore provocato da un certo tipo di macchine, disse che “il rumore era così totale che sembrava perfino plausibile un mutamento imminente al nostro apparato auditivo.” Bisognava dunque trovare nuove espressioni ritmiche che si adattassero all’incalzante rapidità del nostro tempo.”

Edith Sitwell, Il Cantico della Rosa, Guanda, 1970, a cura di Lina Angioletti.
*

Le cipolle

Gli antichi romani dicevano che infondessero coraggio.
*

IL LOGOS NELLA QUINTA STRADA

I

Settembre e la Quinta Strada hai detto,
lo hai quasi detto come se fossimo morti:
poi, come ripensandoci, ancora hai domandato:
“E’ d’amore la prima parola che nasce,
il nostro parlare è tutto amore, ogni parola
quindi, come una gentilezza o una benedizione?”
il cuore, dunque,
è chiamato così perché noi amiamo il cuore?
Oppure è stato il cuore a farsi una parola?
Assurdo: noi cerchiamo un perché, poi ci scopriamo
Perduti in un assurdo algebrico.
La bufera tra noi o, sui giornali,
innovazioni nella moda degli abiti,
la donna senza petto o l’uomo senza sesso –
dio, come si fa insipida questa nostra vicenda
se questo è quello che si trova in fondo
a ciò che dio iniziò! L’angoscia, hai detto?
Angoscia ingiusta o divina?
Suona, suona
Canzoni da juke box di questo giorno inverso,
le cose da dar via, da dire di sfuggita,
non ricordare il cieco che tenta col bastone
e non vedrà mai più l’azzurro dell’autunno,
il ragazzo che vende alla pioggia i giornali bagnati,
il Gran Consiglio di Amministrazione, con perdite e profitti:
fuggi da ciò, cerca di liberarti, ma il dolore,
l’angoscia resteranno.
E dev’essere così,
così dev’essere. Cosa saremmo noi
se non fossimo – e sempre – sradicati,
se soffia il vento, insieme a ogni albero,
se non fosse spezzato il cristo in noi?
Cosa faremmo
Per la quarta, la quinta, la celeste strada
E non sperando in una ricompensa
O in vanitose carità
Ma con vera umiltà, di quella vera?
Guarda il carrubo, coi rami spezzati,
lo ha ucciso la tempesta. Guarda
le foglie macilente coperte di fuliggine,
soffri con la radice premuta
e contorta sotto il fetido asfalto!
Vieni via,
abbiamo due poltrone per la nuova commedia,
i Gigli di Gomorra, Le Campane di Sodoma,
lasciamo per domani ogni malinconia.

Conrad Aiken, Il Logos nella Quinta Strada, Guanda, 1964.
La traduzione è di Roberto Senesi e Francesco Vizioli.
Costava duemila lire.
*

10 ottobre 2007

Osservazioni con Giacinta

Guarda, filmaiola Giacinta,
osserva bene che cos’ha per naso l’elefante.
Guarda di che abbiamo bisogno per sederci;
guarda la enorme casa di ciò che chiamiamo il re.
Guarda questo dormire e poi alzarsi, ridormire e rialzarsi;
guarda l’uomo e la donna che concertano di non separarsi mai;
osserva le canaglie, i signori del nostro globo;
osserva come il tenero fiore nasce dalla dura terra,
osserva come dal regno degli alberi
nascono profumati commestibili.
Osserva come dal cielo puro ci giungono
Acqua, fulmini, luce, freddo, calore, pietre, nevi.
Assurdità e mistero in ogni cosa, Giacinta.


José Moreno Villa, Giacinta la rossa, Einaudi, 1972.
*

E così,

assolutamente convinte che ci stesse proprio a fagiuolo,
ce ne siamo andate al teatro della Cometa a vedere
“L’osso d’oca – ultimi giorni di Puccini a Bruxelles”.
Bello, bello, c’è piaciuto un bel parecchio.
C’è quel pezzo dove il giornalista dice che il poeta
deve scrivere perché lui non sa cosa scrive ma il lettore,
invece si.
Bello. Bellobello. Bello.
*

da “Don Pasquale”

“Ti amo” cantava una donna saporosa,
più della neve bella e bianca.
E dai rami del bosco porgeva una rosa
alla mia mano già tremula e stanca.

I notturni alberi brillavano
dell’acciarino del suo dolce canto.
Come uno sciocco augusto mi inebriavo
di questo candido incanto.

Colombe d’argento occhieggiavano meste
tra le foglie malate.
come un vecchio ispettore delle foreste
mi appoggiavo ad un ceppo di pistacchio selvatico.

La giovinezza perduta si risvegliava,
gli insetti non avevano pace,
un’azzurra libellula un valzer ballava,
come nella Volpe furba di Janacek.

Col suo brèkete brekète un insolente ranocchio
mi derideva. Ma chiara come una stella
baluginava la donna ai miei occhi,
più della neve bianca e bella.

Angelo Maria Ripellino, Lo splendido violino verde, Einaudi, 1976.
*

9 ottobre 2007

La fine di Gheorghis

-“Partito?”
-“Gheorghis è giocatore. Suo indirizzo di vita, quello.”
-“Sarà felice?”
-“Innamorato di giochi di dadi e fuggito con noto cuoco di pubblicità.
Sì, io penso felice.”
-“Tutto bene, allora, si torna a casa.”
-“Ochei.”
*

Peccato

(1961-1962)

Le mie mani
Sono sempre dentro la vita
per reggerla.

Peccato per chi non è vicino
al bambino e alla foglia.

Per chi non capisce
come si annoda
l’acqua.


Fabrizia Ramondino, Per un sentiero chiaro, Einaudi, 2004.
*

da: “Cittadino di Villarsa”

Alla celebre vulgata che ritiene
l’animale – sempre e comunque –
un essere inferiore, sarebbe
sufficiente rammentare quanto
scrive Montaigne riguardo
ai cambiamenti di colore.
Il polpo lo decide lui che cosa
fare, variando la sua veste

occultarsi ad un nemico
oppure avanzare in campo aperto
ed attaccare. Tutto il contrario
di quanto accade in occasione
di ogni nostro, eventuale
mutamento; sempre subìto –
via via causato da vergogna
sofferenza collera spavento.

L’itterizia, mica la nostra volontà,
ci fa ingiallire.


Franco Marcoaldi, L’isola celeste, Einaudi, 2000
*

8 ottobre 2007

VIII. Il cerchio

Nell’eremo delle illusioni
i fiori dell’alba
sbocciano, appassiscono,
appassiscono e sbocciano.
Tutto questo è solo un sogno;
luce del mattino sui fiori
nel tempio delle illusioni.

*
13.
Esci dai tre mondi,
come da una casa in fiamme, e siedi nel cortile.
Gai

*
34. Un monaco viandante
Voli di tempio in tempio
In cerca dell’essenza floreale del Dharma,
oh usignolo!
Sai quale ramo scegliere
E continui a cantare:
Ho, hokkekyo, ho hokkekyo!


Il Maestro Zen Sengai Poesie e Disegni a China,
A cura di Daisetz T. Suzuki.
Traduzione di Cristiana Ceci.
Guanda, 1988.
*

Lettore di giornali

Tu che leggi il giornale non sai che uccelli di gesso
sono le parole attaccate alle vòlte che precipitano.
ossicine nere nel labirinto bianco. Cosa dicono?
Che le storie cadono sul marciapiede di sempre.
E chi poi chiude le labbra sapeva il colpevole.
E che i morti sono nel fiume dell’amichevole
corrispondenza.


Attilio Zanichelli, Una cosa sublime, Einaudi, 1982.
*

Finis terrae

Secondo incerti indizi:
qualche panino su treni che ritardano
o un bagno in acque fredde
coi loro spruzzi
una lacrima dell’occhio irritato
una lunga brezza stupida
di qui sino a Lipari.

Per salvare la reputazione
è noto si perde l’anima
dunque è solo questione
di oggetti d’uso commerci
che risulteranno insensati

anima e tempo persi
è giusto, con la comodità di dirlo in versi.


Salvatore Mannuzzu, Corpus, Einaudi, 1997
*

I legumi

Io i legumi li preparo così:
prendo il tegame ikeoide di ghisa, lo sciacquo, ci metto dentro tre mazzi di cipollotti non più freschi tagliati a fettine sottili, un po’ d’acqua, un bicchiere – circa - forse due, un pizzicotto di sale grosso, un cucchiaino di zucchero, le lascio sbollicchiarsi per un po’ poi ci metto un poco di olio e aspetto che imbiondiscano. Poi a un certo punto mi stufo e apro la busta dei surgelati, verso tutto nel tegame e aspetto.

Il nemico

Quando entrai nella luce, diceva quello grosso nella tenebra
alla sua gente. “Andate a vederlo
quello che cammina nella luce, è lui, dategli una lavata di capo
dovete gettargli un mucchio di pietre davanti
non lasciategli passare niente, tenetelo d’occhio!”

Ed entrai nell’ombra e cambiai svelto la pelle
e vengo in piena luce con bastone e piffero –
quello là nelle tenebre ha ricevuto qualcosa anche lui
e dice. “Quello tenetelo d’occhio ancora di più
non lasciategli passare niente, è lui che cerchiamo!”

Quello grosso ha la sua gente a destra e a sinistra
conosce i miei abiti tutti e i suoni del piffero
e ritrova le mie tracce anche nell’acqua
da lui non posso andare con vecchie storie.
E per turbare il suo sguardo è indispensabile
saperne di più di panni e di trucco.

Cristoph Meckel, Giovani poeti tedeschi, Einaudi, 1969.
A cura di Roberto Fertonani.
*
“Sedersi sugli ischi” vuol dire “accavallare le gambe”.
Me lo ha detto Sharon Stone.
*

7 ottobre 2007

Paul Eluard

Ripetizioni
accanto al sonno esigente

L’occhio a forza di spazio e di fulgore deliranti
L’occhio fa vivere e più lontano scorre il piombo del corpo

La barca della bocca è guidata dalla lingua
Muta tutta umida illumina i flussi

Le grandi mani non conoscono il loro potere
E le loro spighe coprono la pelle con le messi
Dita di lampeggianti carezze ricami fulvi
Tra i palmi delle mani insorgono seni e natiche

Di notte tra gli occhi di giorno tra le gambe
È la stessa gola che in un attimo s’incendia

Un tesoro assurdo un fiotto di diamanti
Scatena l’uragano e lacera le reni

È la mano ignara e la lingua in accordo
Per la prima volta sotto un cielo femminile

E il centro del corpo che definisce l’uragano
Equilibrio di ragione per pesare la vita

Sei tu sono io siamo doppi nei nostri sogni.


Paul Eluard, Ultime poesie d’amore, Einaudi, 1965.
*

5 ottobre 2007

15. La Modestia

15.
Ricordo gli amici morti senza tristezza, perché quando c’erano li avevo come se potessi perderli; ora che sono morti li ricordo come se fossero ancora vivi.

Matteo Ricci, Dell’amicizia, Quodlibet, 2005.
*
In effetti, non mi è tanto chiaro del perché uno apra un blog.
effettivamente, le copie in carta dei fatti nostri sono così
facilmente rinvenibili che a tutti gli effetti, tanto vale
appendere pensieri in memorie di pubblico sconfino.
*
Mah.
Boh.
*
E, poi, comunque c’è pure da dire che, sempre nel tema degli effetti,
se uno scrive, l’altro passa e legge, e poi il primo si risente perché
quello non doveva leggere ciò che ha letto, allora il secondo si stizzisce
perché il primo forse s’era offeso e allora poi arriva sempre il secondo
fratello siamese di Robert, a cavallo di qualcosa.
Mica l’ho capito perché sia tanto facile cedere al narcisismo.
Così mi sono applicata di buzzo buono per comprendere a pieno il significato
delle tagghette.
Non tutti le usano ma anche il beige, talora, appare démodé.
*
Al momento, nei giri che frequento in internet,
forse internet è un interno mondiale mentre rete è solo parentale
beh, ci trovo solo passeggini con certificati mammiferi di validità ed efficienza, pubblicità di salumi, ridde di montacaricaturisti, un paio di censori,
qualche calendula, tutti i film in programmazione da qui a 10 secondi
prima della fine del mondo, sotto, dentro, in mezzo e nel frattanto di casa mia.
*
Non ho capito niente delle targhette così ho cercato di capire cosa sia un blocco rotante.
*
La coerenza del moto:
“E così – mi spiegava
per imparare a truccarti devi fare le prove la sera, prima di andare a letto.
Si chiama la “prova cuscino”, non deve rimanerne nemmeno un puntino.”
*

Suggestione

Le compagne che non ho avuto,
le sento piangermi, velate,
all'imbrunire, nei giardini...
Nella loro pena azzurra rivive
il mio dolore di mani defunte
sopra rasi...

Parigi, agosto 1914.

Mario De Sa Carneiro, DISPERSIONE, Einaudi, 1998.
A curadi Maria José De Lancastre.
*

Drosera

E nel mio tailleur blu con le mie scarpe rosse,
ho millesettecentosettantatre anni,
oggi. Mangio lenticchie,
bevo caffè e in giro come me,
non ce ne sono.
*
-“Trenta e cinquantacinque.”
-“E quanto paga l’ambo?”
-“Non lo so, io intendevo un ottentotto.”
*

Io vi dico: “Pensate
voi creature della nostra èra
cosa mai c’è che veramente vale?
Il denaro – gli studi – la preghiera
che nei momenti amari sillabate?
O l’amore che è freccia dardo strale
tenero a volte e altre volte rude
che ci angoscia ci esalta e ci delude”.


Gabriella Leto, ARIA ALLE STANZE, Einaudi, 2003
*

Campi d’alopecia

ma
la teniamo scritta infronte e descritta
la nostra sicurezza a sfoglia di cipolla
e per non lagrimare in sua presenza
s’innalzano i cessi della coscienza
diciamo
che qui ti aspettavo proprio qui
nel campo di mine da cui tiriamo gli occhi
come i piedi d’acqua bollente
passando dinanzi al preistorico obelisco
che ci ritrae in preda al futuro anteriore
nel campo dove i secoli con le loro bandiere
riparlano la lingua dell’arto fantasma
e dove la vita continua in verticale
ad essere il lapsus del suo stesso sogno
inteso nel senso di sogno. Come non detto.


Lino Angiuli, CAMPI D’ALOPECIA, Licata, 1979.
*

Flegree frane

Notti e notti spese a cercarti,
fiati e sguardi si arrampicano su
vestiti d’ogni forma e colore,
senza età il mio dolore si sofferma
a solidarizzare con le cose destinate
a consumarsi, ruvido il mio pensiero
esaspera-persuade, transitoria
lusinga, lume combattuto: ma
le affannose folate non si arrendono
e la perdita è permanente.

Cerco di sciogliere la tua figura
dai fili, dal rancore, dal freddo che
la tengono avvinta, mando da lontano a te,
da lontanissimo, un lampo, un gutturale
suono, sfida all’occhio abissale
delle flegree frane.


Michele Sovente, Cumae, Marsilio, 1998.
*

il poliziotto del doctor house!

che proprio non mi ricordavo dove lo avevo già visto.
Ho visto Lupo solitario, il film di Sean Penn.
Ci ho dormito su.
*

L’ANNO DEL LUPO

Possedevo le frasi e non dicevo
niente si era smarrito l’universo
volevo forse divenire cosa
un insetto che la terra percorre
una piccola essenza che mi completasse
un’ovoteca di cavalletta io madre
di figli sognanti era scegliere
un’azzerarmi una scelta pulita
ho sempre amato la vita.


Lidia Are Caverni, L’anno del lupo, Passigli, 2005.
*

3 ottobre 2007

Il FINE ULTIMO

Il prelato eruttò
la fiumana di lavica condanna
sul presente, smarrito tempo.
Ricoprì la stanza
d'incandescenti lapilli dell'Immanente.
E noi, disseppelliti,
a dirgli che forse un errore c'era
magari di sala...


Maurizio Milan, Fogli di via, Edizioni del Leone, 1994.
*

Consolazioni al femminile

La libellula alla rinocerontessa:
Tesoro, quelle froge
*

Catarsi

Sceso nei gabinetti di decenza,
dove una vecchia Musa imbambolata
traballa su una sedia notte e giorno,
notò che dagli archi di verdi cascate,
dai folti pennacchi di getti metifici
scaturiva un paesaggio consolante.
Un liquido limbo d’un tratto si apriva,
inghiottendo nella sua melma d’oro
filari di freddi fantocci impalati
fra le bianche ganasce di maiolica.
Liberarsi di un peso primordiale,
come d’un truce rimorso fiottante,
slittare nell’involucro di muffa,
nell’imbuto di sudici zampilli,
nel ventre limaccioso della terra.
Come una musica mesta di Ellington,
la pigra linfa delle catacombe,
il balsamo di fetide poltiglie,
lo stillicidio del molliccio informe
ti disacerba, ti invischia, ti dondola.


Angelo Maria Ripellino, Einaudi, 1990.

il libro dell’amante e dell’amato

136) L’Amante diceva al suo Amato diletto che doveva mostrargli il modo di farlo conoscere, amare e celebrare dalla gente. L’Amato riempì l’Amico di devozione, pazienza, carità, tribolazioni, pensieri, sospiri e pianti. E nel suo cuore venne l’audacia di celebrarlo e sulla bocca la lode del suo Amato e nella sua volontà il disprezzo della mormorazione delle genti che giudicano falsamente.

Raimondo Lullo, il libro dell’amante e dell’amato, Città Armoniosa, 1978.
Tradotto da Vera Passeri Pignoni.
*

Prossimo lontano

Ieri sera un frassino
sul punto di dirmi
qualcosa – tacque.


Octavio Paz, Il fuoco di ogni giorno, Milano, 1992.
A cura di Ernesto Franco.
*

Pico Tamburini

Del fondo degli abissi è pieno il mare
del vuoto di ogni cielo vive il vento

Della natura prossima gli oracoli
daranno il sortilegio l’impossibile


Pico Tamburini, Prospettive di Ulisse, Rusconi, 1992.
*

Juan Ramon Jimenez

II
FUSIONE

Col nuovo mattino,
il mondo mi bacia
sulla tua bocca, donna.


La stagione totale con le Canzoni della nuova luce (1923-1936),
a cura di Francesco Tentori Montalto.
Verona, 1973.
*

2 ottobre 2007

II. Cigni

Mentre tremava il pasto dei conigli,
in polle di granito, dentro conche
di fossili, crisalidi, spirali,
Amore battagliava con triremi
e navi di papiro, con i cigni
adolescenti in naumachia con cigne.
Nerone convertito da Francesco,
canta alla lira come tutto fosse
nell'ora della cenere del giorno
impudicizia, castità, turgore
eroicamente ottuso, fatuo, eterno,
tutto linfa, sangue, gemma, urna,
smorfia del bianco e cuneo del notturno!


Gilberto Sacerdoti, Vendo vento, Einaudi, 2001.
*

La libreria

E così poi mi rendo conto che finalmente ho quasi finito
perché mancano solo due scaffali.
L’equa riparazione a volte consiste in:
non occorre, che tu mi dica quali libri sono a Te rimasti.
Se ti venisse in mente di leggere un verso di quelli che ricordi,
mandami un fax.

*
Ho capito poco ma ho capito che regole non ci sono.
Anzi, va, diciamolo meglio:
ce ne sono così tante che non riesco a seguirle.
*
Beh, comunque è il momento storico adatto per pensare alla democrazia
e alla libertà di pensiero.
Lola, ho perso il senso, non lo capisco più quel progetto
della intelligenza emotiva.
Aveva ragione la fumatrice di Matrix, non è il tempo che conta.
*
Lo shock emotivo, il contro trauma.
Le domande senza risposta,
chi mi credo d’essere io?
Che strane domande ci si pone in una rete.
*
Sperimentazione.
Un esperimento.
Fotografie scioccanti:
Il premio Pulitzer.
L’acqua dei bambini assediati.
La polvere dei bambini sotto il crollo.
Sì.
Alcuni ‘termini’ vanno trattati con cautela.
*
La frase che maggiormente ripetono i bambini ai genitori separandi:
“Basta che facete presto”.
*
Ricordi?
Dal punto, per il presente e per il futuro.
*
Caro Laio,
ti scrivo queste brevi righe per confermarTi quanto da Te già anticipatomi.
Non ho capito un tubo.
A un certo punto arriva uno e mi dice: “Sono Io Max Payne.”
Io non ho davvero nulla da obiettare, poiché è evidente ch’io
qui, mi ci trovi per l’inciampo di un viandante

l’assorto astante, né smarrito né ubriaco
tutto e tanto preso in fatti suoi

bene diceva, Lei: la colpa non é degli alberi.
*
Vo’ avanti, salto il fosso:
io mica l’ho capito che è successo,
preparavo anticipata un presepe con i puffi.
*
-“Blu pzifer.”
-“Blu pavone.”
-“Blu cobalto.”
-“Blu di Prussia.”
-“Blu indaco.”
-“Giallo Isabella.”
Ci guardiamo stupefatte.
-“Conoscete la leggenda?”
-“Ma che c’entra?”
*
Causa – effetto, è un’altra cosa.
-"E le risposte?"
-"mo' le cerco".
*

Un'altra estate

1. Rosa canina
Un’ibrida immagine per tutta l’estate la scena che appare alla prima colazione:
una cinta incurvata di ferro e di rosa canina a ciuffi incandescenti
al di là dei rotoli del fieno falciato di fresco –
Sheridan nella ciambella azzurra schizza acqua:
qualunque cosa tocchi gli si dice di non toccare
e qualunque cosa afferri gli casca addosso.

Le cose sono andate avanti e son cambiate, la figlia
mezzana che si scolorisce i capelli tre tinte più chiare con la birra –
ma se non sei bionda non funziona…
Dormire, trovarti sempre lì col giorno,
gli interminabili giorni a rivedere le nostre revisioni –
la rosa canina di ognuno?... E la nostra estate dorata
tanta quanta uno ne può avere. Quando trabocco di felicità
come faccio a sapere se potrò tenere in vita chiunque di noi?

Robert Lowell, Il delfino e altre poesie, Mondadori, 1989.
*
Ricordi il Notebook (il Taccuino), lo ha scritto lui,
lo sai, io l’inglese l’ho imparo così.
*
Azione – reazione:
-“Mi hai tolto la sedia mentre stavo sedendo!”
-“Ci stavi appiccicando le gomme americane!”
*

1 ottobre 2007

MITIFEMMINILI

L’Oracolo di Matrix.
Margherita Hack.
George Sand.
Isabella Teotochi Albrizzi.
Mina.
Lucio Battisti.
La Nonna di Giorgio P. (usava il the per tingere le camicie ingiallite).
Freddy Mercury (o Del Rock).
La zia Micuccia.
Tina Lagostena Bassi , c’è sempre troppo poco, in Rete.
Piero, un amico mio.
Platone, per il Simposio.
*
penso.
*