20 novembre 2007

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Quando l’udaijin Tokudaiji era capo della polizia e teneva una volta una riunione ufficiale alla porta centrale, un bue, staccatosi sal carro del funzionario Akikane, entrò nell’ufficio, salì sulla piattaforma rialzata su cui il capo della polizia sedeva, e vi si sdraiò ruminando. Tutti dissero che il caso era grave e pieno di misteriose incognite, per cui l’animale avrebbe dovuto esser condotto da un indovino. Ma il Primo Ministro, padre del capo della polizia, avendo udito ciò, osservò: “Un bue non ha sì discernimen-to, e, siccome possiede le gambe, dov’è che non può salire? Non c’è bisogno, quindi, di sequestrare un animale di nessun conto, che un impiegatuccio mal pagato usa raramente per recarsi al proprio ufficio”. E così il bue fu restituito al suo proprietario e vennero cambiate le stuoie su cui si era sdraiato; né si verificò alcun evento infausto.
Si è detto che quando si deve qualcosa di strano senza meravigliarsi, allora essa cessa di essere strana.
Kenko Hoshi, Ore d’ozio, Leonardo da Vinci, 1965.
A cura di Marcello Muccioli.
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