28 novembre 2007

“i quattro sigilli”

(…)
In una conversazione come quella con il mio vicino sull’aereo, può darsi che l’interlocutore non buddhista incidentalmente chieda: “Che cosa esattamente fa sì che un buddhista sia tale?”. È la domanda più difficile cui rispondere. Se la persona in questione è animata da un interesse autentico, una risposta esauriente non è adatta alla conversazione poco impegnativa che ravviva una cena e le generalizzazioni generano spesso fraintendimenti. Immaginate di dare la risposta vera, quella che si rifà ai fondamenti esatti di una tradizione che risale a duemilacinquecento anni fa.
Si è buddhisti quando si accettano le seguenti quattro verità:
Tutte le cose composite sono impermanenti.
Tutte le emozioni sono dolore.
Tutte le cose sono prive di esistenza intrinseca.
Il nirvana trascende ogni concetto.
(…)
Il buddhismo non ha vincoli culturali: non riserva i suoi benefici a una società data e non trova spazio nei governi e nella politica. Siddharta non era interessato ai trattati accademici e a teorie scientificamente dimostrabili: non si curava che la terra fosse piatta o rotonda. Egli mirava a una realtà di tutt’altro tipo: voleva arrivare al nocciolo della sofferenza. Una cosa, spero di chiarire: i suoi insegnamenti non costituiscono una grandiosa filosofia intellettuale, che è possibile leggere e poi mettere da parte, ma rappresentano una concezione logica e funzionale che chiunque può mettere in pratica. (…)

Khyentse Norbu, Sei sicuro di non essere buddista?, Feltrinelli, 2007.
Traduzione di Cristina Spinoglio.
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Credo che tutto ciò che fuoriesce dalle righe sia come il plancton.
Poco visibile, vivo.
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Pratica dell’insegnamento e tangibilità della esperienza mistica.
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