7 novembre 2007

Qui non emerge niente

Non mi giungono più Tue notizie,
è tanto che aspetto, mi sorprendo a pensare.
Le gaggie e calendule vengon su bene ma è una grande illusione
innalzare un recinto fantastico ove rinchiudere affetti ed amori,
perché siano al riparo, sicuri dal fuori.
Mi è dispiaciuto non poter assistere al tripudio delle menti di
tanti giocolieri, ma il ponte è crollato, si è aperta una falla
e l’acqua ha inondato le piantagioni e i percorsi.
Ho il cuore che piange – scrivevo, ma ahimè – il lirismo risuona
tanto drammatico quanto un ironico cotoneastro.
Bisogna azionare i globi oculari, mi dico e ripeto,
guardare all’inoltre, quello che oggi distrugge sarà domani
un mondo senza più lutti e né grucce.
Ci credo e dispero, lo stato, l’essenza dell’essere umano,
sai dirmi l’istante in cui svela se stesso, e dimmi, davvero
il miracolo avviene in quelle foreste che nominavi dell’Immaginifico Mistico?
Beh, insomma, è tutto successo quanto anche Arajuna Cobrowsji dopo
aver assoldato una brigata di bagagli parlanti è partito,
blaterando di voler sconfiggere il prossimo inverno, lassù,
oltre i picchi più in alto dell’aquile.
Ci eravamo accampati alle falde del monte e intenti
a vagheggiare il paesaggio non c’avvedemmo
dei pistilli versati nell’acqua.
Fu scroscio.
*
A quel punto fu chiaro: dovevamo avanzare, spostarci,
lasciare il posto e le pezze a chi risvegliato dal vecchio letargo
raggiungeva alfine le sponde, eppure avremmo voluto ancora indulgere
lieti nel contemplare le frizzanti cascate, procrastinare il momento,
sai, come quando tra i rami ammalianti del bosco, il genere umano divina
di alcuni tra i futuri migliori.
Ricordo che nella lacerante simiglianza del crollo andavo mormorando filastrocche:
abbarbicata al manico d’ombrello che impedirà
il mio sfracellamento al suolo largo e bello

Che fare – mi dicevo in sconforto – precipitare ancora nel vuoto senza fine o sollievo?
Affrontare lo strappo reagendo all’evento?
O aggrapparmi alla veste di un altro perché laceri le trame e gli orditi?
Che fare? Mi manchi.
Ed è un solco che apre le onde, Amico mio grande.
*
Ho il cuore che piange, l’impresa si palesava
impossibile e un vento dubbioso ci fluttuava all’intorno sobillando tristezza,
un’infinita tristezza che ora comprendo, pur tanto placava se stessa sollevando
le ali di un’angoscia compressa.
Di poesia ci si ammala e si muore, raccontava il Viandante,
mentre io mi dolevo dell’Altro, di Arajuna, il mancante.
Credevo puerile e ingenua arrogante che esistesse un solcato in chi sa quali percorsi stellari, un tracciato di fondo, un limite massimo che ancorasse l’abisso, ma se vi è, ancora non scorgo le intraverse montagne, vedo schiume e poi altri ritorni.
*
C’è un’aria un po’ mesta, non finisce la guerra, passa il tempo e nemmeno un
ingaggio, ma tu non aver mai paura di mostrarti infedele o coltivare la barba,
nel greto dei nostri destini siamo uni mai trini, ma, pur ben so, lo comprendi,
nessuno nuota assai troppo a lungo nel largo.
E poi, in fondo confesso che non era poi così facile la vita, in quella metropoli.
Ricordo che spesso mi sono scoperta a rimestare la mente rispondendo a me stessa:
Qui non emerge niente.
Non è per me, non m’appartiene questa vita da isolana, trovo sempre qualcuno
che nasconde una bara sotto tumuli di gusti e rifiuti, incappo sovente in
qualche terrazzo di falso avventore, che in agguato dietro mucchi di rovi,
è pronto a dare spintoni e molestare con malsana isteria qualunque specie di
passante, osti panciuti.. molli albicocche..
Comprendimi, la vita allo Specchio è sempre lo scoglio.
*
Ma del futile e giornaliero, dimmi, non trovi gioia nel deliziar comune
di tua nazione?
E riguardo all’insegnamento del saggio che conosce le Tre Esistenze della Vita,
manifesto in questa grata la mancanza di progresso, perché numero sempre i cerchi
nell’acqua, ma proprio non mi riesce di risalire alle date.
E Tu? Hai poi mutato il destino?
*
Quindi, butto all’aria vezzi e monili e al pari di Ermengarda, me ne rimango ben salda sulla vicenda o zattera, pronta e in procinto di andare a conoscere un nuovo miracolo che mi faccia un poco da corte, con Jurga, Baruda e Zimbaljet che strilla da ossesso: “Non correte balordi! Mi si incurva la groppa!”
*

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