17 maggio 2008

Cuocio il cecio con il cacio

Amico mio caro,
La stagione s’avanza.
Libeccio e scirocco.
La sera rinfresca e ancora imperano grandi capi di lana.
*
Insomma che dire, era nell’aria e tutta la polvere che non riusciva a posarsi
era ovvio pertanto che il rimestare tra alcune antiche ferite recasse
alla parziale vittoria di un intruso stafilococco cornuto e squamoso.
Temporale.
Se tu vedessi Amico mio,
possiede capsidi rosse e venature argentate.
Lo si cattura e addomestica con i soliti preziosi
gemme, rubini, platino e uno zaffiro verde che
si vocifera, non guasta pur o mai.
*
E d’un tratto comparsi Astenore e Flacco, vedo bene chi era quello
che sudava tantissimo.
Qui, in questa nuova realtà, il primo parla moltissimo
e al solito, sai, lui articola suoni srotolando concetti
ma è l’altro la grande scoperta:

cucina incessante asparagi in salsa di viole.
*
E un altro tratto è chiarissimo in quel che dicevano proprio
l’Astenore e il Flacco su quella questione
del compiuto distacco che al di fuori dell’essere
diventa
comunque
una sorte in casistica di identificativa ben nota patologia

isolante

beh, insomma, questi due ormai mi vivono accanto.
*
“Un florilegio flogistico”- dice
porgendomi calzino di passato bucato.
*

1 commento:

ant ha detto...

Astenore, si, è una grande sorpresa. Flacco