18 giugno 2008

Libro Primo

III. Nessuno è perfetto
(…)
La prova dei fatti smentisce chi disse che uguali
sono tutte le colpe: lo negano la tradizione e il buon senso
e l’utilità stessa che, in fondo, è la madre del giusto.
Quando apparvero gli uomini in terra, gregge deforme
di bruti senza favella, per un pugno di ghiande
e un giaciglio si combattevano, prima con l’unghie
e le mani, poi coi bastoni, infine con le armi; finché
inventarono parole per dar nomi a cose e sentimenti;
bandita fu così la violenza, sorsero mura e città,
si fecero leggi perché non vi fossero furti, assassini o adulteri.
Fu infatti la donna, ancora prima di Elena, ragione
di guerre funeste; ma non resta memoria di quelli
che trovarono morte feroce mentre cercavano amplessi proibiti,
dal rivale più forte travolti, come gregge dal toro.
Se ripercorri la storia del mondo, scoprirai che le leggi
furon fatte per questo: per timore del sopruso.
Perché la natura distinguer non sa tra il giusto e l’ingiusto,
come sa invece tra il bene e il male, tra ciò che è opportuno
cercare e quello ch’è meglio fuggire. Né la ragione
saprà dimostrare che ugualmente colpevole è chi devasta
l’orto del vicino e chi profana le tombe di notte.
Vi sian dunque leggi capaci di comminare pene proporzionate
alle colpe, perché tu non debba a sangue sferzare chi merita
pena più lieve. Non mi preoccupa invece che tu sia clemente
con chi ne ha fatte di grosse, poiché sostieni
che furto e assassinio son crimini uguali e minacci
di pareggiare tutte le erbacce con la stessa falce,
se a regnare tu fossi chiamato. Ma dimmi,
se solo il sapiente è sovrano, ricco, beato e perfino
abile ciabattino, perché vai in cerca di ciò che hai di già?
“Ignori – rispondi – quel che disse il maestro Crisippo,
che il saggio non fece mai scarpe né suole,
ma pure è buon calzolaio”. E in che modo?
“Nel modo che Ergemone, anche se tace, resta
eccellente cantore e Alfeno, lasciati il negozio e gli attrezzi,
rimane valente becchino; perché solo il saggio
di tutti i mestieri è bravo artigiano, egli solo è sovrano”.
Ma intanto i ragazzi ti tiran la barba e ti prendono in giro;
se non mostri il bastone ti s’affollano intorno e, poverino,
ti fanno scoppiare tra grida e insulti, te primo fra tutti i sovrani.
Concludo: contentati tu, coronato, dei bagni
da qualche quattrino, compagno il grullo Crispino; a me,
sempliciotto colto in fallo, perdòno daranno gli amici più cari.
In cambio, e con grazia, non me ne avrò
per le loro mancanze e sarà più felice
la mia vita dimessa che la tua di monarca.
Orazio, Cinque satire sulla saggezza del vivere, Torino, 1991.
La traduzione è di Gavino Manca.
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